Il BIM in Europa: aggiornamenti 

Il BIM si sta diffondendo a livello europeo. Con questo appuntamento vi aggiorniamo sulle più recenti iniziative riguardanti Francia, Germania e Spagna.

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Francia

Nel maggio 2014 viene definita la “Numérique et Bâtiment” nell’ambito del “Plan de la relance de la construction”, a cura del Ministre de l’égalité des territoires, du logement et de la ruralité. Obiettivi principali di questo piano sono: costruire e ristrutturare di più e meglio le abitazioni, il rispetto ambientale e la riduzione dei costi.

Con il “Plan de la relance de la construction” si invita lo Stato ad investire nel BIM sia attivando una serie di concertazioni tra le parti produttive del Paese, sia per generare un “effetto a catena” che permetta di sviluppare l’uso del BIM a larga scala.

Il Ministero degli Alloggi, della parità tra i territori e della ruralità, sta lavorando ad un documento che si pensa permetterà a partire dal 2017 di utilizzare il BIM nella filiera delle costruzioni.

Germania

La situazione del settore delle costruzioni in Germania è piuttosto frammentata e atipica rispetto ad altri paesi europei. Solo a metà 2014 si è deciso di pianificare un approccio del settore al metodo BIM attraverso una serie di progetti pilota e sperimentazioni. Risulta ancora complesso capire come riuscire a coinvolgere in modo coordinato le PMI, Regioni e associazioni professionali (che richiedono un approccio graduale). Per raggiungere in tempi ragionevoli gli obiettivi previsti è stata istituita una task force riconosciuta dallo Stato Federale, la Reformkommission Bau von Großprojekten costituita dai principali enti ed attori coinvolti nel mondo delle costruzioni ed infrastrutture.

Il 29 giugno 2015 la Commissione ha deliberato il “Final report of the Major Projects Reform Commission” che indica un “piano di azione in 10 punti”. Il primo di questi punti definisce prioritario l’uso del BIM.

Spagna

Nell’ambito del convegno EUBIM 2013, primo congresso in territorio spagnolo dedicato al BIM e le Costruzioni, tenutosi nel marzo 2013 a Valencia, si è aperta ufficialmente l’era del BIM per la penisola iberica. Con la sigla uBIM, sono stati avviati i lavori per realizzare una guida BIM in castigliano (rese disponibili l’anno successivo). Essenzialmente si tratta di un adattamento delle COBIM 2012 finlandesi agli standard e alle normative vigenti in Spagna.

A seguito delle attività di questi anni svolti dal capitolo spagnolo di BuildingSMART il 15 luglio 2015 il Ministerio de Fomento ha istituito una Commissione BIM nazionale che ha come obiettivo principale la diffusione e uso del BIM in Spagna. Il tutto verrà favorito attraverso progetti pilota, bandi pubblici BIM e coinvolgimento delle principali imprese nazionali.

Sorgente: Il BIM in Europa: aggiornamenti | Harpaceas

Il COBie, questo sconosciuto: verso un BIM per il Facility Management? 

Lo scorso luglio, è stata rilasciata la terza versione del National BIM Standard per gli Stati Uniti, un progetto che la National Institute of Building Sciences (parte della buildingSMART alliance) sta portando avanti a livello nazionale da diversi anni. Ciò che è importante capire, prima di addentrarsi in quello che a mio avviso è il capitolo più interessante di questa versione revisionata e corretta secondo le ultime direttive ISO/IEC, è che non si tratta di un documento governativo. Il pamphlet, un pacchetto di 50 documenti per un totale di 110 Mb in cartella compressa, costituisce una linea guida che mira a definire lo standard al di là e al di sopra dei formati proprietari, ma non costituisce normativa. La regolamentazione del BIM negli Stati Uniti è affidata ai singoli stati (si vedano per esempio le Design Guidelines and Standards messe a disposizione dallo stato del Wisconsin, o gli Ohio BIM Protocols), mentre a livello federale sono già disponibili protocolli di standard quali quello dell’U.S. Department of Veterans Affairs o il recentemente aggiornato National BIM Overview del GSA.

Detto ciò, il documento di buildingSMART offre alcuni strumenti interessanti, soprattutto in uno dei campi tutt’ora critici della “ruota” BIM: la manutenzione.

Il COBie, questo sconosciuto

Mi era già capitato di parlarne quando il National Bim Report britannico ci aveva informato che persino i nostri colleghi d’oltremanica continuano a fare un uso limitatissimo del formato COBie. Come giustamente dichiarava un saggio anonimo nel documento NBS:

…a lot of effort (and money) has been put
into COBie, but the whole Excel sheet concept contradicts the fundamental principle of a common data environment.

Vediamo qual è la risposta che la buildingSMART statunitense ci propone nel tentativo di sbrogliare l’ingarbugliato problema.

Bim Report 2015
Bim Report 2015

Un po’ di storia: il COBie e le sue origini militari

I primi Business Process Models a supporto del COBie (Construction Operations Building Information Exchange) risalgono ad un U.S. Army Technical Report del lontano 2007, e l’esercito degli Stati Uniti ha continuato a lavorare ai processi pertinenti il ciclo di vita degli edifici fino a quest’ultima versione dell’NBIMS-US™ V3.

L’obiettivo della ricerca portata avanti da bSMART è utilizzare il business process modeling che ha portato alla nascita del COBie, ma combinandolo con i principi di management propri della produzione snella, in modo da portare a confronto lo stato dell’arte del BIM con i processi COBie-based. Il confronto, per quanto accademico, si rivela interessante ed è un primo passo verso la soluzione del problema alla base del collo di bottiglia creato dal COBie al termine del processo di progettazione BIM. Come, quindi, prepararsi al peculiare output di dati richiesto dal Facility Management? O, ancora meglio, come preparare il proprio modello in modo da mantenere intatta la “ruota” del BIM?

Premessa: i principi della produzione snella

Per meglio comprendere l’intelligente operazione di bSMART nel tentativo di avvicinarci al COBie, è necessario avere chiari i principi della produzione snella cui accennavo poco sopra.

Il termine, dall’inglese lean production, è stato coniato una quindicina di anni fa dagli studiosi James P. Womack e Daniel T. Jones all’interno del loro libro The Machine That Changed the World (Harper Perennial, Novembre 1991), in cui analizzavano i processi virtuosi del sistema di produzione Toyota rispetto a quelli dei concorrenti. Ancora una volta, per inciso, la filiera delle costruzioni attinge a piene mani dal mondo dell’industria automobilistica che, non dimentichiamo, è stata la prima a teorizzare i concetti da cui deriva il nostro BIM.

Ma su quali principi si basa, in sintesi, la teoria della produzione snella?

Intanto è necessario partire una progettazione mirata, chiamata DFX ovvero Design for X. Si tratta di un’espressione utilizzata in ambito industriale ma estremamente attuale se trasferita nell’ambito delle costruzioni e indica un metodo di progettazione che sia già pensato non solo in base al ciclo di vita del prodotto ma anche all’ottimizzazione della sua realizzazione. La cosiddetta progettazione seriale viene disincentivata a favore di una progettazione mirata del singolo prodotto per la specifica esigenza e nello specifico contesto. Alcune declinazioni del Design for X applicato alla produzione industriale sono:

– Design for Manufacturability (DFM) e Design for Economic Manufacturability;
– Design for Producibility;
– Design for Testability;
– Design for Reliability;
– Design for Installability (si veda l’annosa questione della Soft Clash Detection);
– Design for Serviceability;
– Design for Recycling;
– Design for Environment;
– Design for Assembly e Design for Disassembly.

Numerosi di questi approcci sono perfettamente applicabili alla progettazione architettonica. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

Secondo passaggio della produzione snella è la Gestione della Produzione secondo il principio Just in Time (JIT), che sposta il focus dalla logica push (produzione massimizzata di prodotti non ancora venduti) alla logica pull, ovvero alla produzione di quei soli prodotti già venduti o che si prevede di poter vendere nell’immediato futuro.

Terzo e ultimo passaggio è la valorizzazione del prodotto secondo il principio del Total Quality Management (TQM).

Di questi tre passaggi, per quanto siano estremamente attuali a tutti i livelli dell’industria delle costruzioni, bSMART si concentra sul primo, ovvero sul concetto di DFX, e prova a sviluppare un fusso di lavoro mirato al conseguimento di un outpout che sia “COBie-compliant”.

Life-Cycle Phase List

– Study and Define Needs
– Develop Design Criteria
– Study Technical Feasibility
– Communicate Results Decision
 Develop Program – Space Program
– Develop Program – Product Program
– Prepare Invitation to Bid and Receive Proposal (Pre-Design)
 Explore Concepts – Design Early
– Develop Design – Design Schematic
– Develop Design – Design Coordinated
– Finalize Design – Design Final
– Prepare Invitation to Bid and Receive Proposals (Post Design)
– Respond to Pre-Proposal Inquiries
– Develop Pre-Construction Plan
– Identify Discrepancies
– Prepare Submittal Information – Product Type Selection
– Prepare Submittal Information – System Layout
– Organize Submittal Information
– Perform Submittal Review – Submittal Issue
– Provide Resources
– Execute Construction Activities
– Perform Equipment Testing
– Inspect and Approve Work
– Define, Record and Certify Discrepancies
– Closeout.

L’approccio di buildSMART si basa sul principio che una grande parte di queste fasi, specialmente le fasi preliminari che coinvolgono la committenza, non possano essere svolte direttamente sul modello ma debbano interfacciarsi con successo con input di dati in formato diverso. Per ogni fase del processo, il documento analizza i presunti vantaggi di utilizzare il BIM. Per molte voci, il vantaggio si riduce a «Reproduction savings from reliance on electronic documents and the elimination of paper», cosa che trovo abbastanza discutibile (e sia chiaro: non metto in discussione i vantaggi economici dell’eliminare la carta stampata, quanto il fatto che ricorrere al BIM sia davvero condizione necessaria e sufficiente a far sì che l’utenza e gli operatori smettano di voler maneggiare i documenti di lavoro in formato cartaceo). Tuttavia è piuttosto interessante riportare a titolo esemplificativo ciò che viene enunciato come vantaggio alla voce Space Program:

  1. Design professionals typically re-enter the Owner’s space requirements into the system they use for space programming. COBie-formatted data permits data to be transferred directly from the Owner to the Architect or Planner’s system
  2. Requirements associated with each space are typically gathered and then documented on Room Data Sheets. COBie format would either eliminate the need to produce room data sheets or support automation of their production
  3. The Architect/Planner sends the Space Program to the Owner’s Representative for review. Currently, this is done by comparing 2 documents. Use of COBie format would permit automated checking.
  4. If the Architect/Planner could automate checking of his work product against the Owner’s requirements, then a rework/re-review cycle could be eliminated.

Gli stessi punti, con formulazioni diverse della frase, vengono ripetuti alla voce immediatamente successiva, Develop program: Product Program.

Ora, io capisco benissimo la necessità di lavorare tutti sullo stesso formato, dal momento in cui il BIM prevede che si lavori tutti sullo stesso “oggetto” chiamato modello (tralasciando il fatto che credo sia possibile, anche senza tradire lo spirito del BIM, far confluire all’interno dello stesso modello diversi formati di file).

Schema di un tipico processo in CAD: i vari tipi di elaborati procedono secondo un flusso consequenziale.
Schema di un processo BIM: i vari elaborati non sono altri che “viste” derivate dal database del modello.

Il problema principale del COBie in questo senso è che introduce, e teorizza come virtuoso, un formato di dati esterno ed estraneo al modello, che con esso deve interfacciarsi. La necessità quindi è quella di comprendere le necessità del formato e sviluppare protocolli che consentano l’esportazione rapida dei dati dal modello BIM nel formato desiderato, possibilmente conservando la possibilità di reimportare il feedback del cliente all’interno del modello senza ricorrere a lunghi e laboriosi data-entry completamente manuali.

Il flusso di lavoro - OpenBIM nella presentazione del suo X-Bim Toolkit.
Il flusso di lavoro – OpenBIM nella presentazione del suo X-Bim Toolkit.

Il flusso di lavoro così come schematizzato da OpenBIM nella presentazione del suo X-Bim Toolkit.

Ora, come qualunque buon informatico potrà dirci, l’operazione di per sé non è affatto complessa: tutto ciò che occorre conoscere è la mappatura dei campi, ovvero quali dati dal modello BIM devono essere fatti confluire in quali campi del formato COBie. Tuttavia, si tratta ancora di un processo che conserva la “variabile impazzita” del documento esterno. In circostanze che prevedono la redazione di un Room Data Sheet ancora prima che venga tirata la prima linea, questo è a mio parere inevitabile almeno fino al raggiungimento della fase “Explore Concepts – Design Early”. A partire da quella fase in poi, tuttavia, diventa una questione di priorità. È tecnicamente possibile infatti, secondo il principio del Design for X, impostare un intero modello perché contenga nelle giuste categorie e con la giusta denominazione tutti i parametri necessari a mantenere all’interno del modello i dati necessari al Facility Management. Anche utilizzando un software proprietario come Revit. Molti dei campi richiesti sono già utilizzati come parametri nella normale progettazione architettonica BIM.

Il Type Worksheet Schema (a titolo esemplificativo) richiede i seguenti parametri. Tra parentesi viene specificato il formato del campo così come richiesto:

– Name (Alfanumerico)
– CreatedBy (Contact.Email)
– CreatedOn (data ISO del tipo 1900-12-31T23:59:59)
– Category (PickList.CategoryProduct)
– Description (Alfanumerico)
– AssetType (PickList.AssetType)
– Manufacturer (Contact.Email)
– ModelNumber (Alfanumerico)
– WarrantyGuarantorParts (Contact.Email)
– WarrantyDurationParts (Numerico)
– WarrantyGuarantorLabor (Contact.Email a due cifre)
– WarrantyDurationLabor (Numerico)
– WarrantyDurationUnit (PickList.DurationUnit)
– ExternalSystem (di sistema)
– ExternalObject (di sistema)
– ExternalIdentifier (di sistema)
– ReplacementCost (Numerico)
– ExpectedLife (Numerico)
– DurationUnit (PickList.DurationUnit)
– WarrantyDescription (Alfanumerico)
– NominalLength (Numerico)
– NominalWidth (Numerico)
– NominalWidth (Numerico)
– ModelReference (Alfanumerico)
– Shape (Alfanumerico)
– Size (Alfanumerico)
– Color (Alfanumerico)
– Finish (Alfanumerico)
– Grade (Alfanumerico)
– Material (Alfanumerico)
– Constituents (Alfanumerico)
– Features (Alfanumerico)
– AccessibilityPerformance (Alfanumerico)
– CodePerformance (Alfanumerico)
– SustainabilityPerformance (Alfanumerico)

Molti di questi parametri “non nativi”, possono essere facilmente implementati. Ulteriori funzionalità possono essere fornite agganciando i parametri, anziché a valori alfanumerici, ad un sapiente uso delle fasi (Allowed Value: PickList.DurationUnit).

Design for COBie: perché non farlo?

La risposta a questa domanda è semplice e non risiede né in una particolare difficoltà tecnica o di implementazione, né nella mancanza di uno standard ben documentato. La risposta, come spesso accade, risiede in una mancanza di committenza. Solo di recente mi sono imbattuta in un bando di concorso che richiedeva un modello BIM utilizzabile anche dal Facility Management. Su 8 punti aggiuntivi riservati al BIM, 1 punto soltanto veniva assegnato per i partecipanti che volessero spingersi in questo terreno inesplorato. Ora, volendo ricordare ancora una volta ciò che ha avuto modo di dire recentemente Lorenzo Bellicini del Cresme, il Facility Management costituisce una ghiotta fetta di mercato. Tuttavia questo mercato deve avere la lungimiranza necessaria ed essere pronto a retribuire adeguatamente progettisti e costruttori, per i quali il Design for COBie costituisce un investimento e uno sforzo, almeno in prima battuta, che non conosce precedenti. I Case Studies del  National Institute of Building Sciences parlano di un risparmio considerevole. Non posso fare a meno di domandarmi quando un tale risparmio, visibile solo all’invecchiamento dell’edificio, sarà effettivamente misurabile. Tuttavia, spero che non si debba aspettare così a lungo, e che una larga parte di committenza illuminata inizi a richiedere passi in tal senso. Solo da una richiesta effettiva e concreta da parte del mercato, sarà possibile sviluppare in modo effettivo ed efficace gli strumenti necessari al conseguimento del risultato.

Tuttavia, dato che siamo pionieri, ecco alcuni tool disponibili per chi volesse sperimentare con il formato:

Infine, è disponibile uno spreadsheet Google di buildingSMART : http://www.projects.buildingsmartalliance.org/files/?artifact_id=5445

Sorgente: Il COBie, questo sconosciuto: verso un BIM per il Facility Management? | Chiara C. Rizzarda | Pulse | LinkedIn

Appalti: dal 2019 BIM obbligatorio sopra i 100 milioni – BIM

Appalti: dal 2019 BIM obbligatorio sopra i 100 milioni
Dal 2019 BIM obbligatorio sopra i 100 milioni

La prima tappa è fissata al 2019, ma solo per le opere sopra i 100 milioni, con scadenze progressive, per un sistema regolamentare che entrerà a pieno regime nel 2022. E, infine, una corsia preferenziale per i lavori semplici: potranno essere sempre effettuati con i metodi tradizionali. Il decreto del ministero delle Infrastrutture che fisserà il calendario per l’utilizzo del BIM in Italia è entrato nelle settimane chiave. La commissione Baratono, che ha il compito di scrivere il testo, sta prendendo le prime decisioni, con l’obiettivo di chiudere entro fine febbraio. Le scelte, per adesso, sono ancora provvisorie, ma emergono comunque alcuni dettagli molto interessanti per il mercato italiano. L’articolo 23, comma 13 del Codice Appalti stabilisce che un decreto del Ministero delle Infrastrutture dovrà fissare le modalità e i tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà del Building Information Modeling per le amministrazioni e le imprese. Questo percorso andrà valutato “in relazione alla tipologia delle opere da affidare” e alla strategia “di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e del settore delle costruzioni”. Per scrivere materialmente il testo, il ministro Graziano Delrio ha messo in piedi una commissione di esperti, guidata da Pietro Baratono, provveditore alle Opere pubbliche di Lombardia ed Emilia Romagna ma, soprattutto, pioniere dell’utilizzo di questo sistema nella pubblica amministrazione italiana. In questi giorni il lavoro della commissione sta arrivando finalmente a conclusione. Per la fine di febbraio dovrebbe essere materialmente chiusa la scrittura del testo. Intanto, però, alcune linee di indirizzo stanno già emergendo e danno spunti molto interessanti sul futuro del settore.

Partiamo dal calendario degli obblighi, tenendo presente che si tratta di decisioni provvisorie, sulle quali c’è sempre la possibilità di un cambio di rotta. L’impostazione della commissione, per adesso, punta a un percorso lento ma di crescita costante per la Pa, partendo da un presupposto: il livello di formazione delle stazioni appaltanti (ma anche di imprese e professionisti) è ancora scarso. Per questo non è pensabile una fuga in avanti con un obbligo generalizzato già nei prossimi mesi. Meglio dare tempo al settore di adeguarsi, seguendo un calendario impostato in tre momenti ben individuati.

Il primo scatterà nel 2019: tra due anni i tempi saranno maturi per l’obbligo. Che, però, dovrebbe riguardare soltanto le grandissime opere, sopra la soglia di 100 milioni. Non saranno molte: secondo i dati del Cresme, nel 2016 sopra questo livello ci sono stati 26 bandi. La seconda fasesarà relativa al triennio 2019-2021. In questo arco di tempo gli obblighi si allargheranno anche ad altri soggetti, poco per volta. Seguendo, però, molto probabilmente un criterio legato alla complessità delle opere e non al loro valore: l’obbligo di usare il BIM, cioè, ci sarà solo per le costruzioni strategiche, con particolari standard di sicurezza, con un alto affollamento di persone ad utilizzarle.

Sul punto, emerge un’altra novità importante: ci sarà sempre una categoria di edifici semplici per i quali il BIM non sarà mai obbligatorio. Ad esempio, la corsia preferenziale ci sarà per i palazzi residenziali senza particolari problematiche di sicurezza. Dal 2022 in poi scatterà la terza fase, con il sistema a pieno regime. Sempre che, nel frattempo, non vengano portate ulteriori correzioni al testo che la commissione sta scrivendo in questi giorni.

(Fonte: Edilizia&Territorio)

Sorgente: Appalti: dal 2019 BIM obbligatorio sopra i 100 milioni – BIM

Building Information Modeling: Italferr presenta il sistema di qualificazione BIM

Orientato alle imprese e ai professionisti che applicano il BIM, il sistema di Italferr è il primo in Italia che consentirà di selezionare i soggetti che hanno i requisiti per essere invitati a partecipare alle gare per l’affidamento di incarichi di supporto alla progettazione sviluppata con metodologia BIM

Italferr_Ferrovie_Stato Building Information Modeling
Italferr_Ferrovie_Stato Building Information Modeling

Italferr, la società di ingegneria del Gruppo FS Italiane associata ad Oice, ha istituito il “Sistema di Qualificazione dei Prestatori di Servizi di Supporto ai Gruppi di Progettazione per lo Sviluppo di Modelli Informativi BIM“. Il Sistema, totalmente gratuito, è il primo in Italia orientato alle imprese e ai professionisti che applicano la nuova metodologia, e consentirà di selezionare i soggetti che, in possesso di specifici requisiti, saranno invitati a partecipare alle gare per l’affidamento di incarichi di supporto alla progettazione sviluppata con metodologia BIM. Lo strumento precede di pochi giorni la pubblicazione dello schema di decreto del ministero delle Infrastrutture sul Bim. Posto in consultazione pubblica, il decreto disciplina le modalità con cui le stazioni appaltanti dovranno integrare l’obbligo di adozione di sistemi quali il Building information Modeling all’interno degli appalti pubblici e, soprattutto, stabilisce una tempistica per l’introduzione obbligatoria, secondo un cronoprogramma graduale a partire dal 2019.

A proposito del nuovo sistema di qualificazione, gli obiettivi sono due, come spiega l’AD di Italferr, Carlo Carganico:

“incrementare l’attività di progettazione in BIM di Italferr, contribuendo a concretizzare uno dei pilastri del Piano Industriale 2017 – 2026 del Gruppo FS Italiane, ed incentivare le imprese e il mercato ad investire nella nuova metodologia agevolando così il processo di digitalizzazione fissato nell’Agenda Digitale Europea”.

Il sistema di qualificazione Italferr viene istituito ai sensi dell’art. 134 del D.Lgs. del 18 aprile 2016 n. 50/2016, e per dare attuazione anche a quanto previsto dall’art. 23, comma 13 del D.Lgs. 50/2016 in merito all’introduzione progressiva di metodi e strumenti elettronici per l’edilizia e le infrastrutture (BIM – Building Information Modeling). Avrà durata indeterminata ed è strutturato in sei classi (la prima fino a 50.000 euro e l’ultima oltre un milione di euro). Fra i requisiti di ammissione, per il il fatturato globale in servizi, si fa riferimento a quello degli “ultimi tre esercizi antecedenti la data di presentazione della domanda d’iscrizione che deve essere almeno pari a 1,1 volte l’ammontare della somma delle classi di importo per le quali viene richiesta l’iscrizione al Sistema.”

Per i cosiddetti “servizi analoghi si richiede “l’ avvenuta esecuzione di servizi analoghi a quelli descritti nella categoria di specializzazione per la quale si richiede la qualificazione, effettuati nei migliori 5 anni (consecutivi), nel decennio antecedente la data di presentazione della Domanda di iscrizione, per un importo complessivo non inferiore ad un valore pari a 1,25 volte la classe d’importo per la quale si richiede l’iscrizione al Sistema”.

Le specifiche del sistema di qualificazione sono disponibili al seguente link oppure in download in allegato.

Il documento contiene:

  • Avviso
  • Regolamento di Qualificazione
  • Allegato 1 – Categorie di specializzazione (schede tecniche)
  • Allegato 2 – Procedura per la gestione dell’indice di affidabilità
  • Allegato 3 – Procedura di idoneità economica finanziaria
  • Allegato 4 – Domanda di Iscrizione

Di Bim si è discusso il 22 giugno a Roma all’interno del Forum internazionale sul BIM organizzato a Roma da Oice 22 giugno presso l’Aldrovandi Villa Borghese. Secondo uno studio presentato dall’Oice, emerge che nell’ambito delle procedure di affidamento di appalti (di lavori e servizi) nel 57% dei casi il BIM assume rilievo nella fase della valutazione delle offerte o delle proposte tecniche, mentre per la restante percentuale (43%) dei casi il BIM viene richiesto o come requisito di ammissione, o come una semplice specifica, non oggetto di valutazione, per la produzione del progetto.

Sorgente: Building Information Modeling: Italferr presenta il sistema di qualificazione BIM | Ingegneri.info

L’incendio di Londra è il simbolo del fallimento dell’housing sociale nelle città

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L’incendio di Londra è il simbolo del fallimento dell’housing sociale nelle città

La tragedia della Grenfell Tower a Londra ha riportato in maniera forte l’attenzione sul tema della sicurezza dell’edilizia residenziale, in Gran Bretagna come nel resto d’Europa, ma a colpire di più sono le forti proteste dei residenti dei borough di Kensington e Chelsea sotto la sede del governo municipale, che testimoniano quanto l’incendio divampato nel grattacielo non possa essere derubricabile come “semplice fatalità”. Se in altre occasioni ci si sarebbe limitati al ricordo delle vittime e ad un’inchiesta per accertare le responsabilità dell’accaduto, l’attuale momento di crisi sociale e politica vissuto dalla Gran Bretagna rappresenta lo sfondo di un conflitto latente da anni in corso a Londra, ovvero quello tra i ricchi proprietari provenienti da tutto il mondo che fanno razzia di case di pregio (e per questo responsabili dell’impennata verso l’alto del mercato immobiliare nel centro della capitale britannica) e coloro che sono invece costretti a vivere in appartamenti di edilizia popolare, dalle condizioni di sicurezza spesso piuttosto dubbie come evidenziato dal caso della Grenfell Tower.

Le negligenze nelle operazioni di soccorso e le voci di un trasferimento degli inquilini superstiti in zone lontane da Kensington e Chelsea, hanno acuito una rabbia che già da mesi si era manifestata in continui appelli a rivedere le condizioni di sicurezza della Grenfell Tower. Ma non c’è solo questo. Quanto accaduto è solo la naturale conseguenza di una cronica mancanza di investimenti sulla messa in sicurezza degli edifici di social housing. Un rapporto del 2011 già stimava che tre quarti degli edifici popolari in Gran Bretagna era a rischio incendio.

Al netto dei numeri, ciò rappresenta una tendenza non solo britannica ma comune anche ad altri paesi europei. Dovrebbe bastare quanto successo a Londra per aprire un dibattito europeo sulle condizioni dell’abitare soprattutto per le categorie più deboli (la maggior parte degli inquilini della Grenfell Tower erano infatti migranti) e sulla necessità di più alloggi popolari e di buona qualità. Si tratta di una questione di civiltà non più rimandabile, che chiama in causa i governi locali ma anche tutti quei soggetti (dai governi regionali fino all’Ue) che non hanno stanziato negli anni abbastanza risorse per fare fronte a un bisogno che negli anni della crisi è sensibilmente aumentato. La svendita del patrimonio immobiliare popolare ha rappresentato parte del problema, soprattutto se in Gran Bretagna come altrove tali proventi non sono stati adeguatamente reinvestiti ma sono serviti per fare cassa e togliere dalla responsabilità del pubblico la gestione di un patrimonio oneroso, sebbene necessario all’inclusione sociale ed economica di una parte sempre più ampia di popolazione.

Riqualificare l’edilizia esistente in maniera smart e sostenibile invece di abbattere e ricostruire per nuovi residenti, in grado di pagare più tasse e usare meno servizi pubblici in quanto più ricchi dei precedenti, rappresenta l’unica soluzione per evitare la “londrizzazione” delle nostre città e garantire mixité sociale nei centri come nelle periferie delle nostre città. La riduzione di ogni forma di esclusione passa necessariamente per un abitare sicuro, una forma di investimento pubblico decisamente più sostenibile sul medio-lungo periodo rispetto a quello focalizzato attorno a parole d’ordine securitarie.

Anche nel recente passato era forse difficile immaginare quante possibili letture diverse avrebbe potuto scatenare una fatalità annunciata come quella che ha colpito la Grenfell Tower. Le contestazioni diffuse verso una May poco empatica (forse perché impegnata in quelle ore a tenere calma la sua fragile maggioranza di governo) e un municipio potente quanto una capitale testimoniano con chiarezza quanto tutti i vari temi menzionati in precedenza siano tenuti assieme da una generalizzata insoddisfazione delle opinioni pubbliche verso quelle diseguaglianze che a Londra possono fare anche la differenza tra vivere in un edificio stabile e sicuro o in uno che non lo è.

Sorgente: L’incendio di Londra è il simbolo del fallimento dell’housing sociale nelle città

IDeA FIMIT sgr: Fondo Delta riceve una proposta per 8 immobili

Fondo Delta, fondo di investimento alternativo immobiliare di tipo chiuso, gestito da IDeA FIMIT sgr e quotato sul segmento MIV di Borsa Italiana, ha ricevuto una proposta irrevocabile di acquisto per un portafoglio immobiliare composto da otto immobili a destinazione multisala cinematografica.

Fondo Delta, fondo di investimento alternativo immobiliare di tipo chiuso, gestito da IDeA FIMIT sgr e quotato sul segmento MIV di Borsa Italiana, ha ricevuto una proposta irrevocabile di acquisto per un portafoglio immobiliare composto da *otto immobili *a destinazione multisala cinematografica.

Il prezzo proposto è sostanzialmente in linea con i valori iscritti nell’ultima Relazione di gestione del Fondo al 31 dicembre 2016.

Il portafoglio oggetto dell’offerta è situato nelle seguenti località:

  1. Via Antonio Bandiera – Salerno;
  2. Viale Europa, 5 – Bologna;
  3. Largo Sergio Leone – Parma;
  4. S. Michelangelo Garove, 24 – Torino;
  5. Via Bacchelli – Livorno;
  6. Via Brescia, 13 – Torri di Quartesolo, Vicenza;
  7. Via Sile 8 – Silea, Treviso;
  8. Via Breda, 15 – Limena, Padova.

Entro la fine del corrente mese, ai fini di un’eventuale accettazione, l’offerta sarà sottoposta a valutazione da parte degli organi della SGR e del Fondo, previo espletamento delle necessarie verifiche di legge e procedurali. Si ricorda che la scadenza del Fondo è prevista per il 31 dicembre 2017.

Sarà cura della SGR comunicare tempestivamente al mercato l’attuazione delle fasi successive nonché ogni evoluzione significativa della compravendita in oggetto.

(GD – www.ftaonline.com)

Sorgente: IDeA FIMIT sgr: Fondo Delta riceve una proposta per 8 immobili | Trend Online

Tar Lombardia: ok al progetto BIM con elementi in 2D

“La base di tutto è certamente un modello tridimensionale, ma questo non significa che ogni oggetto debba essere obbligatoriamente tridimensionale”

Con la sentenza n. 1210/2017 pubblicata il 29 maggio, il Tar Lombardia (Sezione Prima) ricorda in premessa che il Building Information Modeling (BIM) “consiste in una metodologia di progettazione utilizzata nell’ambito delle costruzioni basata sull’integrazione dei diversi elementi progettuali, che consente di realizzare digitalmente accurati modelli virtuali dell’edificio da costruire che contengono con altissima precisione la geometria e gli altri dati necessari per la progettazione, la scelta del contraente, la costruzione e la gestione della vita utile dell’edificio.

Tale metodo di progettazione, consentendo un’analisi e un controllo più analitici ed efficienti rispetto a quelli consentiti dai metodi tradizionali di progettazione (CAD), consente di ottenere un miglior livello di progettazione a costi e tempi di realizzazione ridotti.

Mediante tale strumento si realizza, dunque, una perfetta ed ottimale collaborazione fra i diversi soggetti coinvolti nella progettazione edilizia, anche in considerazione della sempre più sentita esigenza di dati delle infrastrutture, critici, aperti e riutilizzabili.

Secondo il National Institute of Building Sciences (NIBS) presso il National Building Information Modeling Standard (NBIMS), l’obiettivo del BIM è quello di realizzare “un processo più efficiente di pianificazione, progettazione, costruzione, gestione e manutenzione che utilizzi un modello standardizzato di informazioni in formato digitale per ogni edificio, nuovo o esistente, contenente tutte le informazioni create o raccolte su tale edificio in un formato utilizzabile da tutti i soggetti interessati nell’intero ciclo di vita” (NIBS, 2008).

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Come risulta, del resto, dalla lettura delle edizioni italiane delle migliori pubblicazioni sul tema di origine statunitense, il BIM consente un progresso nel settore dell’automazione delle attività correlate ai progetti e ai processi basati su carta verso un flusso di lavoro integrato e interoperabile in cui tali attività sono riunite in un processo coordinato e collaborativo, che promuove al massimo l’aggregazione dei dati per l’acquisizione di informazioni e conoscenze, la capacità di calcolo e la comunicazione web. Mediante questi strumenti è possibile, dunque, porre in essere simulazioni e manipolazioni di modelli fondati sulla realtà al fine di gestire l’ambiente di costruzione seguendo un processo decisionale ripetibile e verificabile, con conseguente riduzione dei rischi e miglioramento della qualità delle azioni e dei prodotti a livello industriale”.

IL TAR LOMBARDIA CONFERMA L’AGGIUDICAZIONE DELL’INCARICO AL RAGGRUPPAMENTO CHE AVEVA PRESENTATO IL PROGETTO BIM CON ALCUNI ELEMENTI IN 2D. Nel caso esaminato dal Tar Milano, le società ricorrenti hanno partecipato in ATI costituenda alla procedura di gara indetta dal comune di Milano per l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di un appalto integrato complesso avente ad oggetto l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva, nonché dell’esecuzione dei lavori di demolizione, bonifica e ricostruzione di un edificio scolastico elementare.

Con il ricorso le società, classificatesi al secondo posto, hanno impugnato il provvedimento concernente l’aggiudicazione all’ATI costituenda controinteressata dell’appalto integrato succitato, indetto ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006.

A sostegno del proprio gravame la parte ricorrente ha dedotto tre motivi di ricorso, con i quali ha denunciato, essenzialmente, l’illegittima ammissione alla gara della controinteressata, che sarebbe dovuta essere esclusa per aver presentato un progetto che si discostava da quello previsto dalla lex specialis di gara – il progetto non era interamente in BIM e conteneva a parte degli impianti in 2D – e in ogni caso l’illegittima attribuzione del punteggio alla stessa sotto vari profili.

Il Tar Lombardia ha respinto il ricorso confermando l’aggiudicazione dell’incarico al raggruppamento che aveva presentato il progetto BIM con alcuni elementi in 2D.

I giudici amministrativi di Milano hanno osservato che “la base di tutto è certamente un modello tridimensionale, ma questo non significa che ogni oggetto debba essere obbligatoriamente tridimensionale. La cosa essenziale è che ogni oggetto includa delle proprietà che vanno oltre la semplice rappresentazione grafica e che siano funzionali alla sua descrizione, in relazione all’obiettivo per cui viene inserito nel modello”.

Per quanto riguarda invece la parte di modello relativa agli impianti, “benché alcuni elementi siano rappresentati in 2D anziché 3D, per come sono stati inseriti nel modello, la rappresentazione risulta congruente con il livello di progettazione definitiva, anche perché le informazioni relative alle quantità sono estraibili sotto forma di abachi.

In particolare, sono verificate anche le parti relative all’impianto elettrico: l’impianto di terra è rappresentato in 2D nel modello nativo di Revit. L’impianto relativo alla forza motrice è rappresentato nel modello nativo di Revit, da cui si evince, tra l’altro, l’abaco delle quantità. L’impianto luci, anch’esso rappresentato in 2D, è descritto in diverse viste”.

Sorgente: Tar Lombardia: ok al progetto BIM con elementi in 2D

Svegliati architetto: è arrivato il BIM. Un convegno a Roma il 15 giugno prossimo

Il Consiglio Nazionale Architetti PPC, in collaborazione con il Gruppo Operativo Lavoro e Nuovi Mercati della Conferenza Nazionale degli Ordini APPC, organizza il seminario formativo “La rivoluzione informatica del processo progettuale”.
L’incontro intende approfondire il ruolo dell’architetto come protagonista principale del processo progettuale e di affermare la centralità del progetto anche e soprattutto in un contesto digitale e integrato.

 Il BIM (building information modelling) o, più in generale il processo di “digitalizzazione” del progetto sono problematiche che modificheranno il nostro modo di lavorare e di rapportarci creando nuove figure professionali e nuove specializzazioni.

Questo fenomeno inarrestabile e già da tempo diffuso in molti Paesi del mondo necessità di una attenta analisi e di una sistematica trasformazione, anche culturale, della nostra professione e dei professionisti stessi.
L’innovazione è dato fondamentale per uscire dalla crisi, per accedere a nuovi mercati e per ridare competitività al nostro lavoro.

E’ possibile seguire il seminario anche in modalità webinar.

Ai partecipanti al seminario verranno riconosciuti n. 4 crediti formativi.

Sorgente: Svegliati architetto: è arrivato il BIM. Un convegno a Roma il 15 giugno prossimo | The Next Building