L’incendio di Londra è il simbolo del fallimento dell’housing sociale nelle città

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L’incendio di Londra è il simbolo del fallimento dell’housing sociale nelle città

La tragedia della Grenfell Tower a Londra ha riportato in maniera forte l’attenzione sul tema della sicurezza dell’edilizia residenziale, in Gran Bretagna come nel resto d’Europa, ma a colpire di più sono le forti proteste dei residenti dei borough di Kensington e Chelsea sotto la sede del governo municipale, che testimoniano quanto l’incendio divampato nel grattacielo non possa essere derubricabile come “semplice fatalità”. Se in altre occasioni ci si sarebbe limitati al ricordo delle vittime e ad un’inchiesta per accertare le responsabilità dell’accaduto, l’attuale momento di crisi sociale e politica vissuto dalla Gran Bretagna rappresenta lo sfondo di un conflitto latente da anni in corso a Londra, ovvero quello tra i ricchi proprietari provenienti da tutto il mondo che fanno razzia di case di pregio (e per questo responsabili dell’impennata verso l’alto del mercato immobiliare nel centro della capitale britannica) e coloro che sono invece costretti a vivere in appartamenti di edilizia popolare, dalle condizioni di sicurezza spesso piuttosto dubbie come evidenziato dal caso della Grenfell Tower.

Le negligenze nelle operazioni di soccorso e le voci di un trasferimento degli inquilini superstiti in zone lontane da Kensington e Chelsea, hanno acuito una rabbia che già da mesi si era manifestata in continui appelli a rivedere le condizioni di sicurezza della Grenfell Tower. Ma non c’è solo questo. Quanto accaduto è solo la naturale conseguenza di una cronica mancanza di investimenti sulla messa in sicurezza degli edifici di social housing. Un rapporto del 2011 già stimava che tre quarti degli edifici popolari in Gran Bretagna era a rischio incendio.

Al netto dei numeri, ciò rappresenta una tendenza non solo britannica ma comune anche ad altri paesi europei. Dovrebbe bastare quanto successo a Londra per aprire un dibattito europeo sulle condizioni dell’abitare soprattutto per le categorie più deboli (la maggior parte degli inquilini della Grenfell Tower erano infatti migranti) e sulla necessità di più alloggi popolari e di buona qualità. Si tratta di una questione di civiltà non più rimandabile, che chiama in causa i governi locali ma anche tutti quei soggetti (dai governi regionali fino all’Ue) che non hanno stanziato negli anni abbastanza risorse per fare fronte a un bisogno che negli anni della crisi è sensibilmente aumentato. La svendita del patrimonio immobiliare popolare ha rappresentato parte del problema, soprattutto se in Gran Bretagna come altrove tali proventi non sono stati adeguatamente reinvestiti ma sono serviti per fare cassa e togliere dalla responsabilità del pubblico la gestione di un patrimonio oneroso, sebbene necessario all’inclusione sociale ed economica di una parte sempre più ampia di popolazione.

Riqualificare l’edilizia esistente in maniera smart e sostenibile invece di abbattere e ricostruire per nuovi residenti, in grado di pagare più tasse e usare meno servizi pubblici in quanto più ricchi dei precedenti, rappresenta l’unica soluzione per evitare la “londrizzazione” delle nostre città e garantire mixité sociale nei centri come nelle periferie delle nostre città. La riduzione di ogni forma di esclusione passa necessariamente per un abitare sicuro, una forma di investimento pubblico decisamente più sostenibile sul medio-lungo periodo rispetto a quello focalizzato attorno a parole d’ordine securitarie.

Anche nel recente passato era forse difficile immaginare quante possibili letture diverse avrebbe potuto scatenare una fatalità annunciata come quella che ha colpito la Grenfell Tower. Le contestazioni diffuse verso una May poco empatica (forse perché impegnata in quelle ore a tenere calma la sua fragile maggioranza di governo) e un municipio potente quanto una capitale testimoniano con chiarezza quanto tutti i vari temi menzionati in precedenza siano tenuti assieme da una generalizzata insoddisfazione delle opinioni pubbliche verso quelle diseguaglianze che a Londra possono fare anche la differenza tra vivere in un edificio stabile e sicuro o in uno che non lo è.

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IDeA FIMIT sgr: Fondo Delta riceve una proposta per 8 immobili

Fondo Delta, fondo di investimento alternativo immobiliare di tipo chiuso, gestito da IDeA FIMIT sgr e quotato sul segmento MIV di Borsa Italiana, ha ricevuto una proposta irrevocabile di acquisto per un portafoglio immobiliare composto da otto immobili a destinazione multisala cinematografica.

Fondo Delta, fondo di investimento alternativo immobiliare di tipo chiuso, gestito da IDeA FIMIT sgr e quotato sul segmento MIV di Borsa Italiana, ha ricevuto una proposta irrevocabile di acquisto per un portafoglio immobiliare composto da *otto immobili *a destinazione multisala cinematografica.

Il prezzo proposto è sostanzialmente in linea con i valori iscritti nell’ultima Relazione di gestione del Fondo al 31 dicembre 2016.

Il portafoglio oggetto dell’offerta è situato nelle seguenti località:

  1. Via Antonio Bandiera – Salerno;
  2. Viale Europa, 5 – Bologna;
  3. Largo Sergio Leone – Parma;
  4. S. Michelangelo Garove, 24 – Torino;
  5. Via Bacchelli – Livorno;
  6. Via Brescia, 13 – Torri di Quartesolo, Vicenza;
  7. Via Sile 8 – Silea, Treviso;
  8. Via Breda, 15 – Limena, Padova.

Entro la fine del corrente mese, ai fini di un’eventuale accettazione, l’offerta sarà sottoposta a valutazione da parte degli organi della SGR e del Fondo, previo espletamento delle necessarie verifiche di legge e procedurali. Si ricorda che la scadenza del Fondo è prevista per il 31 dicembre 2017.

Sarà cura della SGR comunicare tempestivamente al mercato l’attuazione delle fasi successive nonché ogni evoluzione significativa della compravendita in oggetto.

(GD – www.ftaonline.com)

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Tar Lombardia: ok al progetto BIM con elementi in 2D

“La base di tutto è certamente un modello tridimensionale, ma questo non significa che ogni oggetto debba essere obbligatoriamente tridimensionale”

Con la sentenza n. 1210/2017 pubblicata il 29 maggio, il Tar Lombardia (Sezione Prima) ricorda in premessa che il Building Information Modeling (BIM) “consiste in una metodologia di progettazione utilizzata nell’ambito delle costruzioni basata sull’integrazione dei diversi elementi progettuali, che consente di realizzare digitalmente accurati modelli virtuali dell’edificio da costruire che contengono con altissima precisione la geometria e gli altri dati necessari per la progettazione, la scelta del contraente, la costruzione e la gestione della vita utile dell’edificio.

Tale metodo di progettazione, consentendo un’analisi e un controllo più analitici ed efficienti rispetto a quelli consentiti dai metodi tradizionali di progettazione (CAD), consente di ottenere un miglior livello di progettazione a costi e tempi di realizzazione ridotti.

Mediante tale strumento si realizza, dunque, una perfetta ed ottimale collaborazione fra i diversi soggetti coinvolti nella progettazione edilizia, anche in considerazione della sempre più sentita esigenza di dati delle infrastrutture, critici, aperti e riutilizzabili.

Secondo il National Institute of Building Sciences (NIBS) presso il National Building Information Modeling Standard (NBIMS), l’obiettivo del BIM è quello di realizzare “un processo più efficiente di pianificazione, progettazione, costruzione, gestione e manutenzione che utilizzi un modello standardizzato di informazioni in formato digitale per ogni edificio, nuovo o esistente, contenente tutte le informazioni create o raccolte su tale edificio in un formato utilizzabile da tutti i soggetti interessati nell’intero ciclo di vita” (NIBS, 2008).

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Come risulta, del resto, dalla lettura delle edizioni italiane delle migliori pubblicazioni sul tema di origine statunitense, il BIM consente un progresso nel settore dell’automazione delle attività correlate ai progetti e ai processi basati su carta verso un flusso di lavoro integrato e interoperabile in cui tali attività sono riunite in un processo coordinato e collaborativo, che promuove al massimo l’aggregazione dei dati per l’acquisizione di informazioni e conoscenze, la capacità di calcolo e la comunicazione web. Mediante questi strumenti è possibile, dunque, porre in essere simulazioni e manipolazioni di modelli fondati sulla realtà al fine di gestire l’ambiente di costruzione seguendo un processo decisionale ripetibile e verificabile, con conseguente riduzione dei rischi e miglioramento della qualità delle azioni e dei prodotti a livello industriale”.

IL TAR LOMBARDIA CONFERMA L’AGGIUDICAZIONE DELL’INCARICO AL RAGGRUPPAMENTO CHE AVEVA PRESENTATO IL PROGETTO BIM CON ALCUNI ELEMENTI IN 2D. Nel caso esaminato dal Tar Milano, le società ricorrenti hanno partecipato in ATI costituenda alla procedura di gara indetta dal comune di Milano per l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di un appalto integrato complesso avente ad oggetto l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva, nonché dell’esecuzione dei lavori di demolizione, bonifica e ricostruzione di un edificio scolastico elementare.

Con il ricorso le società, classificatesi al secondo posto, hanno impugnato il provvedimento concernente l’aggiudicazione all’ATI costituenda controinteressata dell’appalto integrato succitato, indetto ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006.

A sostegno del proprio gravame la parte ricorrente ha dedotto tre motivi di ricorso, con i quali ha denunciato, essenzialmente, l’illegittima ammissione alla gara della controinteressata, che sarebbe dovuta essere esclusa per aver presentato un progetto che si discostava da quello previsto dalla lex specialis di gara – il progetto non era interamente in BIM e conteneva a parte degli impianti in 2D – e in ogni caso l’illegittima attribuzione del punteggio alla stessa sotto vari profili.

Il Tar Lombardia ha respinto il ricorso confermando l’aggiudicazione dell’incarico al raggruppamento che aveva presentato il progetto BIM con alcuni elementi in 2D.

I giudici amministrativi di Milano hanno osservato che “la base di tutto è certamente un modello tridimensionale, ma questo non significa che ogni oggetto debba essere obbligatoriamente tridimensionale. La cosa essenziale è che ogni oggetto includa delle proprietà che vanno oltre la semplice rappresentazione grafica e che siano funzionali alla sua descrizione, in relazione all’obiettivo per cui viene inserito nel modello”.

Per quanto riguarda invece la parte di modello relativa agli impianti, “benché alcuni elementi siano rappresentati in 2D anziché 3D, per come sono stati inseriti nel modello, la rappresentazione risulta congruente con il livello di progettazione definitiva, anche perché le informazioni relative alle quantità sono estraibili sotto forma di abachi.

In particolare, sono verificate anche le parti relative all’impianto elettrico: l’impianto di terra è rappresentato in 2D nel modello nativo di Revit. L’impianto relativo alla forza motrice è rappresentato nel modello nativo di Revit, da cui si evince, tra l’altro, l’abaco delle quantità. L’impianto luci, anch’esso rappresentato in 2D, è descritto in diverse viste”.

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Svegliati architetto: è arrivato il BIM. Un convegno a Roma il 15 giugno prossimo

Il Consiglio Nazionale Architetti PPC, in collaborazione con il Gruppo Operativo Lavoro e Nuovi Mercati della Conferenza Nazionale degli Ordini APPC, organizza il seminario formativo “La rivoluzione informatica del processo progettuale”.
L’incontro intende approfondire il ruolo dell’architetto come protagonista principale del processo progettuale e di affermare la centralità del progetto anche e soprattutto in un contesto digitale e integrato.

 Il BIM (building information modelling) o, più in generale il processo di “digitalizzazione” del progetto sono problematiche che modificheranno il nostro modo di lavorare e di rapportarci creando nuove figure professionali e nuove specializzazioni.

Questo fenomeno inarrestabile e già da tempo diffuso in molti Paesi del mondo necessità di una attenta analisi e di una sistematica trasformazione, anche culturale, della nostra professione e dei professionisti stessi.
L’innovazione è dato fondamentale per uscire dalla crisi, per accedere a nuovi mercati e per ridare competitività al nostro lavoro.

E’ possibile seguire il seminario anche in modalità webinar.

Ai partecipanti al seminario verranno riconosciuti n. 4 crediti formativi.

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